Sempre vinti sempre ribelli

Ne discutevano da ore, urlando e bestemmiando, chi diceva li avrebbero presi, appesi al muro e fucilati, e lasciati lì, accatastati a imputridirsi. Chi insisteva li avrebbero imprigionati a vita, bastonati e torturati fino a farli ammattire, anche. Ne parlavano come se da quella discussione fossero dipese le sorti del Mondo intero.

Così che a un certo punto Gatlone da Cà dla Cantonada si alzò e picchiò un pugno sul tavolo, facendo saltare per aria le carte e rovesciando dei bicchieri, e tutti si zittirono. Il Creativo tremò sulla seggiola per lo spaghetto, e Bobla, con gli occhi enormi all’infuori, gli occhiali crepati e la lingua penzoloni, lasciò andare un verso come di una bestia calpestata. Tutti dicevano che Bobla non aveva colpa, perché era amastorchiato dalla nascita.

Gatlone dichiarò che secondo lui non era importante se alla fine, quelli della banda Liuzzi BelaFuente fossero stati presi o no, fucilati o impiccati o strangolati a mani nude.

Gridò che se c’era qualcuno che avrebbe potuto fare quella cosa, restituire il maltolto a uno alla buona come Bobla, bè quelli erano di sicuro quelli di Liuzzi BelaFuente, razziatori e regolatori di sospesi.

Non c’era da stare lì tanto a dormirci sopra.

Proprio per niente.

Fu allora, appena finita quella sfuriata, dopo che tutti si erano rimessi a bere, fumare e giocare a carte, che la porta del bar si spalancò.

 

(Sempre vinti sempre ribelli -Lettura-)